martedì 6 agosto 2013

Non ho più sonno...

Mi son scordato del momento in cui ho perso la magia..
Non fraintendermi, non parlo della magia del tipo "abracadabra"...parlo di quella vera. Quella che piano piano mi hanno insegnato a zittire, a soffocare così profondamente dentro di me, che alla fine ho smesso persino di crederci. Eh già..è andata proprio così, quel giorno nemmeno lo ricordo più, è finito nell'indifferenza come tantissimi altri. Eppure è proprio quel giorno che ho ceduto e ho deciso consciamente di chiudere gli occhi e di addormentarmi:..mi son messo alla mercè di me stesso, e ho dato carta bianca al più pericoloso dei nostri nemici: la mente. Quel pensiero razionale che ingabbia e fagocita tutto in una prigione senza sbarre apparenti, ma che stringono come il cappio al collo di un condannato. Ecco, un condannato! Sono pian piano salito sul patibolo e senza nemmeno leggere la sentenza, da buon boia di me stesso, mi son silenziosamente votato ad una vita razionale, senza più sentire, senza più nemmeno avvertire la mancanza della mia vera essenza.
Mi son trasformato in un surrogato di ciò che sarei dovuto essere e ho cominciato a invecchiare in un indifferenza assopita...in una corsa sempre più sfrenata sulla strada che mi allontanava sempre di più da dove sarei dovuto andare.
Hanno cominciato a soffocare la capacità di sentire e padroneggiare la "magia" sin da quando ero bambino, quando mi insegnavano che in realtà i mondi e gli universi che visitavo in sogno erano, appunto, solo sogni. Che niente conta se non si ha un ritorno materiale, che i sognatori non son fatti per stare a questo mondo. Hanno cominciato ad uccidermi sin da piccolo, costringendomi ad abbandonare per strada la meraviglia per ciò che mi circondava. Appena nato già dovevo crescere. Mi hanno insegnato a non essere più un bambino, per poi farmi volerci ritornare con tutto me stesso ogni volta che ne vedo uno che ancora non ha ceduto del tutto alla noia e alla routine, al tirare a campare e al non meravigliarsi più di niente.
E ha funzionato per carità...perchè così come me anche tu che leggi, probabilmente, hai avuto una sorte simile, e come me hai visto che funzionava bene come realtà...è quella che vivono tutti, quindi deve essere logicamente giusta, bisogna adattarsi, finchè non esplodi, o ti addormenti definitivamente in quel coma artificiale che senti essere finto, ma non riesci più a darti un briciolo di credibilità per ribellarti.
E allora prima o poi doveva succedere...se ancora una scintilla era accesa, che mi chiedessi: "ma per che cosa l'ho fatto?"

lunedì 19 novembre 2012

Che volevi dirmi?


"Che senso ha che mi chiedi di farti entrare nel mio mondo? Non ti accorgi nemmeno che la porta è aperta! E poi una volta dentro non capiresti niente di ciò che ti circonda, perchè quei fondali, i paesaggi e i personaggi son costruiti attorno a qualcun'altro che non sei tu...saresti una straniera in un mondo non tuo. Non vedi l'essenziale da fuori, con tutte le finestre spalancate..figuriamoci!...
E poi dimmi, cosa fai se trovi ciò che cerchi? Cosa fai se alla fine riesci a soddisfare le infinite domande che il tuo bisogno di approvazione ti pone nei miei confronti? Voglio dire.. se entrassi e incontrassi il tuo alter-ego? -Tanto sappiamo bene tutti e due il perchè cerchi proprio lei- Pensi di avere le capacità di poterci parlare? Una volta faccia a faccia con lei come reagiresti? Tu te lo sei sempre immaginata nel tuo mondo, con le tue regole, con il tuo linguaggio! Insomma quella sei la vera tu! Non la mia tu! Capisci?
No, certo che no...non potresti. Tu sei sicura perchè ci credi davvero..le muoveresti guerra per trasformarla in te, distruggendo però tutto quanto nel processo, con una violenza pari al bisogno che ti leggo negli occhi che io ti voglia come era nel tuo mondo. Arriverai alla fine senza girarti nemmeno una volta, e quando ti sarai fermata e la trasformazione sarà finita, guarderai le rovine che ti sei portata appresso, e ti accorgerai che tutto sommato non era il mondo giusto per te."

Ed è durato poco meno di un istante. Dovevo scegliere io, e lo feci, proprio prima di riprendere a parlarti:

-Lascia stare, non fa niente..bhè..allora..ci vediamo! Stammi bene...

giovedì 15 novembre 2012

eh? ok.


E' che mi capita ormai troppo frequentemente di uscire tutto ad un tratto con delle frasi...
Che poi: "frasi"...sono più che altro lapidari sunti di ore ed ore di pippe mentali i cui collegamenti e nessi logici sono noti solo a me. E nemmeno tutti, visto che la gran parte li dimentico. Fatto stà che il risultato, per me chiaro, asciutto, pulito, lineare ed essesnziale, è, la maggior parte delle volte, per gli altri insensato. Qualche volta tutto si riduce addirittura solo ad un verso onomatopeico che sembra appena uscito dalla nuvoletta di un fumetto.
La comunicazione è un pacco, non c'è niente da fare. Non sta al passo coi tempi. E dico letteralmente! Hai mai provato a parlare alla stessa velocità dei pensieri? Io sì: è impossibile.
Se lo facessi davanti ad una persona, questa scapperebbe via non appena inizierài a sputazzare per l'eccessivo accumulo di consonanti sulla lingua.
La fisica e l'universo fenomenico con tutte le sue complesse leggi manifesteranno la loro volontà di averti creato incomprensibile attraverso l'impotenza della tua lingua a permetterti di esprimere ciò che pensi. E così va a finire che qualcuno ti frega diecimila anni fa inventando la scrittura, e ti trovi che nasci già imprigionato dentro a un dizionario, costretto, ogni volta che devi interagire con qualcuno, a dover scegliere con cura da una lista di mattoncini vuoti con cui andrai a costruire immensi castelli traballanti, che alla fine nemmeno andrai ad abitare.
Strano destino eh? Come dei vagabondi, siamo viandanti che si fermano ogni volta in una casa diversa, sempre ospiti, mai padroni. E se proprio lo volete sapere, è proprio così che incasiniamo sempre le cose.

Troppo estasiati dal fallimento per porvi rimedio, troppo pigri per ammetterne i limiti. Ci culliamo nella necessaria illusione di esserci fatti capire, o soccombiamo nel tentativo di convincercene. Quando siamo soli, quando non abbiamo nessun interlocutore tranne noi stessi, non siamo imprigionati dal vincolo del linguaggio e dell'essere comprensibili: non abbiamo limiti. E' un potere immenso se si impara a gestirlo, ma è anche una lama a doppio taglio, perchè non abbiamo limiti anche nel mentirci. Perchè possiamo usare parole che parole non sono, ma che noi possiamo capire anche meglio di quelle che dovremmo usare se dovessimo sceglierle dal dizionario del linguaggio. Nella nostra testa le parole non esistono, i pensieri non hanno linguaggio, e corrono molto più della lingua. Succede tutto in un lampo, e qualche volta è anche tutto così convincente che finisci col cominciare ad usare le solite parole comuni per esprimere concetti che in realtà andavano bene solo nella tua testa, senza parole. Con l'unico risultato che in momenti come questo ad esempio..

..a voler essere sinceri...


banana.

lunedì 24 settembre 2012

Cose incredibili...


Hai mai pensato che queste righe che stai leggendo in questo momento possono essere nient'altro che frutto della tua immaginazione? Mi spiego meglio...o forse dovrebbe essere TI spieghi meglio? Vabè, insomma. Se questo non fosse un tuo sogno, o una tua visione, e se davvero vivessimo in un universo fisico comune all'interno del quale tutti noi esistiamo contemporaneamente nella stessa dimensione spazio-temporale, ognuno dotato sì della sua coscienza indipendente, ma anche di una coscienza comune realmente effettiva su quelle singole, nella misura in cui al singolo rimane l'esperienza di un altro singolo in una determinata situazione spaziale e temporale, ad esempio dove io sono una persona reale che scrive realmente queste righe, seduto realmente su una sedia davanti a un pc reale, righe che poi finiranno su internet e arriveranno al reale te che avrai così esperienza della mia esistenza ed entrerò a far parte della tua coscienza comune, pur essendo una singola al di fuori del tuo contesto magari...insomma, se tutto questo fosse reale, oltre che prendermi per uno spostato e aver dovuto rileggere le due righe precedenti almeno 2 volte per capire perchè non ho mai voglia di ricontrollare la punteggiatura, converrai con me, o con te stesso, che comunque si guardino le cose, coscienza comune ed esperienza comune o no, da quella individuale non c'è possibilità di scampo, o nel mondo reale non esisterebbero i manicomi.
Anche gli scienziati dell'universo reale si son dovuti arrendere davanti all'evidenza che le leggi fisiche esistono e son percettibili, ma comunque vadano le cose, le persone hanno un sistema di sensori vitali completamente diverso l'uno dall'altro (una persona che viene investita da un camion sentirà molto più dolore di me che osservo dal marciapiede, nonostante stiamo vivendo tutti e due lo stesso evento fisico/temporale e la massa per la velocità del camion sia la stessa sia nel mio sistema di riferimento che in quella del povero pedone asfaltato). Nel senso che ogni individuo non VIVE una realtà comune, ma la PERCEPISCE.
Se mettete 100 pittori davanti a una mela e gli chiedete di dipingerla il più fedelmente possibile, otterrete 100 diverse immagini della stessa mela. E ognuna di queste sarà diversa da quella che disegnereste voi.
E allora dov'è l'inganno? Perchè la razza umana, una volta realizzata questa cosa, non implode? No, non stai esagerando, hai esattamente pensato "implode". Come fanno a non far nulla? Tutto ciò che vediamo, tocchiamo, sentiamo, assaggiamo, odoriamo, potrebbe essere così per noi solo e soltanto, e quindi non essendoci più la possibilità di calcolare la differenza di percezione tra gli individui non si può più definire con certezza ciò che è reale e ciò che non lo è.
Ognuno vive ciò che percepisce, su questo non si discute, no?
Eri d'accordo fino ad un attimo fa, perchè ora non dovresti esserlo? Sarai sicuramente una persona coerente, quindi converrai con me, anzi, con te stesso, che è ancora più coerente. Bravo. O brava. O Bau, nel caso fossi un cane.
Insomma, se è universalmente accettato che siamo ciò che pensiamo, sia nell'universo reale, o a maggior ragione in un mio (tuo) sogno, possiamo tranquillamente affermare che in qualsiasi realtà (questo paradosso mi piace abbestia) ognuno di noi (ammesso che un "noi" esista realmente e non sia invece frutto del tuo ((nostro)) subconscio. E mi fermo perchè potrei andare avanti all'infinito in un loop filosofico, ma perderei il conto delle parentesi e finirei per dimostrare la validità della tesi solo per sfinimento ) vive nel suo piccolo universo personale. E si potrebbe sicuramente anche mettere in dubbio l'esistenza della coscienza comune, trasformandola conseguentemente in una produzione interna della nostra autocoscienza.
Ovvero: non esiste niente realmente, è tutto frutto della nostra immaginazione, se così la vogliamo chiamare. "Ah, come in Matrix..." No. Matrix sarebbe un invenzione del tuo subconscio, non esisterebbe realmente, e non esisterebbe nemmeno nessun alieno che ti vuole coltivare e fare stufato. O chissà come li cucinano loro gli esseri umani.
Siamo soli nel nostro piccolo universo creato dalla nostra piccola autocoscienza, questo è il senso.
La vita che abbiamo vissuto finora ce la siamo creata noi passo per passo, alti e bassi compresi. Se fossero così le cose, a guardarti indietro cosa diresti?
Tornando alla domanda iniziale..se tutto questo fosse un sogno e queste righe fossero un messaggio che ti sei lasciato in un momento di lucidità in un angolo oscuro tra i brutti ricordi? Tipo un segno rivelatore che ti fa accorgere quando stai sognando, e allora una volta che ti accorgi di essere in un tuo sogno ti metti a far cose incredibili, tipo volare o conquistare la donna dei tuoi sogni...o ti svegli terrorizzato.
Se questo fosse tutto frutto della tua immaginazione e ora fossi sveglio in questo sogno reale cosa faresti? Vorresti implodere..o renderti capace di cose incredibili?
Io lì per lì ho pensato di implodere...poi però me la son fatta sotto e ho deciso di mettermi a fare cose incredibili.


giovedì 20 settembre 2012


Ci son certe volte in cui non si hanno parole.
Altre che le parole si hanno ma non si possono dire..
Altre ancora che non si sa come dirle...
E poi ci son quelle in cui invece sai esattamente cosa dire..

giovedì 12 luglio 2012

Wannabe



Ma perché, mi chiedo, son così? Mi chiedo, non potevo nascere come tutti gli altri? Una persona normale, cristo santo. E’ proprio così difficile accontentarmi? Vorrei solo una vita normale. Piatta e senza controllo, una vita in cui qualcun altro pensa per me, monotona, dove il motore e il fattore motivante è lo stress e l’incombenza della pagnotta sulla tavola, e non la gioia di fare il lavoro che ci piace, e la passione per quello che facciamo. Forse “vivrei” molto meglio. Mediamente ignorante, investirei tutti i miei sforzi per stare a posto con la coscienza comune secondo cui dovrei essere grato di lavorare dodici ore al giorno dietro una scrivania, per mantenere la famiglia che dopo tanti sforzi mi sarò costruito. Non importa se finirò per odiarla, odiare il mio lavoro e la mia vita. Ci sarà sempre e comunque una meravigliosa casa con piscina o una bella macchina che potrò comprarmi con il sudato risparmio, e con cui potrò portare la famiglia a distendere i nervi in qualche posto, magari ad interagire con migliaia di altre persone normali di cui probabilmente non me ne importebbe niente se non fossi normale, e dimenticarmi di odiarla. Ma pazienza, se fossi normale saprei che la vita non è perfetta, e che bisogna ingoiare qualche rospo ogni tanto.
E’ “necessario”, dicono.... 
E io da persona perfettamente normale non avrei alcuna remora ad accettarlo. Lo prenderei per buono, riuscendoci anche a dormire la notte. E la mattina al risveglio sostituirei la sfiducia e l’impressione di essere in un paio di scarpe che non son le mie, con –che ne so- una meravigliosa fede religiosa incondizionata. Avrei un Dio a cui addossare la colpa delle mie insoddisfazioni, l’ennesima giustificazione per non affrontare la coscienza: potrei procrastinare le mie aspettative fino al giorno della mia morte, senza dovermi sentire inadatto e fuori posto! 
Potrei per esempio guardare anche io gli artisti di strada con aria di sufficienza, sentirmi superiore perché io sì che ho un lavoro dignitoso! Avrei i miei vestiti puliti, e le mie mani bianche da impiegato non provocherebbero sdegno nelle altre persone..sarei una  persona irreprensibilmente normale come tante,  e passarei completamente inosservato, non lasciando niente di me al mondo. Anche perché, diciamocelo, che se ne fa il mondo di un segno della mia esistenza? E’ troppo grande, ed io son troppo piccolo, bisogna essere realisti.

E’ tutto perfettamente logico, no? La normalità è l’idea più logica che l’uomo abbia mai prodotto…nzi..la normalità è la logica. E il realismo è il suo corollario principe. Sarebbe da stupidi non riconoscerlo e non adattarsi, no? Anche perché poi ci toccherebbe svegliarci ogni mattina e chiederci come cavolo sia possibile vivere circondati da esseri perfettamente normali, corridori che indossano tutti le stesse scarpe grigie, a camminare lungo questi percorsi preconfezionati, seguendo la corrente umana. E noi invece lì, fermi piantati per terra, a guardare con stupore quegli esseri con le scarpe colorate come le nostre, a non capire il perché.
E allora.. cos’è andato storto con me? 

domenica 5 febbraio 2012

La costante di Walt Disney


Insomma, il fatto che mi ponga domande inusuali, non per forza deve significare che son pazzo o che ho una mente deviata, no?
E' normale che durante la giornata ci capiti di vedere, sentire o vivere delle situazioni che ci fanno riflettere, e conseguentemente porre domande alle quali, solitamente, seguono dei ragionamenti più o meno profondi, a seconda di quanto la situazione ci ha colpito. Pensate a quante domande stupide vi fate ogni giorno sotto la doccia, o quanti voli pindarici rincorrete col pensiero mentre siete imbottigliati nel traffico con l'auto (chi non bestemmia contro gli altri automobilisti), alle vite immaginarie che attribuite agli sconosciuti sull'autobus, o pensate a quando sognate ad occhi aperti, o avete incubi...insomma, se non siete una di quelle persone noiose che quando vanno sovrapensiero pensano solo alla lista della spesa, ai conti da pagare, ai casini amorosi, e a tutte quelle facezie che tendono a mangiarci la vita dal piatto senza nemmeno farcela gustare, capite di che cosa sto parlando. 
Per esempio...mettete il caso che un pomeriggio siete in una qualsiasi copisteria della vostra città, e per caso il figlioletto del copisterista (o copisteraio?) ((copisteriere lo escluderei a priori))(((ho pensato anche a copisterino, ma non mi suona per niente, per cui alla fine l'ho escluso))) sta guardando "La bella addormentata nel bosco" in streaming sul portatile scassato del padre che cerca inutilmente di stamparti il frontespizio della tesi. A quel punto, mentre non puoi fare altro che aspettare, entra in funzione il meccanismo di cui parlavo poco fa, e la testa comincia a farsi quelle famose domande inusuali. Per esempio: cosa sarebbe successo se Walt Disney fosse stato uno squilibrato maniaco e i suoi film non fossero quelli che siamo abituati a vedere, con il classico lieto fine, ma invece una serie di splatter volgari e dissacranti, con il cattivo che vince e subissa i buoni di angherie di ogni sorta, fino a rasentare o, addirittura superare l'amoralità?
Certo forse in questo universo pensare ad un capolavoro come "La spada nella roccia" in cui il buon mago Merlino, in combutta col cattivo padre di Artù, lo costringe con la magia a star sveglio rinchiuso in una delle torri medievali del castello a cucire stivali da cavaliere da giostra, è davvero troppo anche per me. 
Anche se..
Ora che ci penso l'interpretazione a molti mondi di Everett e Copenhaghen potrebbe, comunque, spiegare l'esistenza (all'apparenza improbabile) di un pianeta come la Terra, ma in cui Walt Disney è il più pervertito regista mai vissuto. Se l'interpretazione a molti mondi fosse corretta infatti esisterebbero così tante copie del nostro universo che l'esistenza di almeno un pianeta come la Terra, ma con un Walt Disney depravato, non è sorprendente, ed è almeno equiprobabile all'esistenza di un pianeta come la Terra che noi conosciamo e in cui viviamo. 
Insomma, per una stupidissima costante cosmologica ora in un altro universo un'altra versione del figlioletto del copisterista si sta guardando la strega Cornelia che dopo aver venduto il corpo della bella addormentata nel bosco ad una famigerata azienda farmaceutica per esperimenti scientifici, seduce il principe azzurro per poi sfoggiarlo solo per capriccio quale trofeo alle cene mondane in cui intratteneva tutti i più famosi e potenti personaggi della fantasia, da Jafar a Crudelia De Mon, da Gambadilegno a Mangiafuoco, e così via, tutti appassionatamente a tirare cocaina e a brindare sulla pelle di Mufasa adagiata sul pavimento, con Pocahontas che serve drink e Jasmine che intrattiene i festaioli con una lap dance esotica. Finchè un giorno lui, ormai depresso e tossicodipendente, si toglierà la vita in preda alla disperazione per il misero fallimento della sua esistenza, per non esser riuscito come principe azzurro e aver distrutto il proprio corpo con l'eroina e i giochini da schiavo sessuale ai quali lo costringeva continuamente la sua malefica ed insaziabile moglie.
Sarei potuto andare avanti anche con la storia di "Mickey Mouse: la strana storia della cavia numero 176-761", ma il copisteraio ha ormai finito di stampare il frontespizio, e questo evento mi ha riportato bruscamente nel mio universo, alle mie facezie, alla normalità e alle domande usuali.
Ed è proprio mentre esco dalla copisteria e ripenso a tutta la faccenda di Disney, Everett ecc, che me ne sovviene una: ma non è che forse son davvero un po' deviato?

sabato 4 febbraio 2012

confessioni e divagamenti


A lungo ho pensato alle parole che avrei potuto usare per descrivere ciò che mi sto accingendo a raccontare, sempre invano. Il fatto è che non è affatto facile parlare apertamente di certe cose, sottoporsi volontariamente al giudizio altrui, volontario o involontario che sia. Combattere contro la tendenza della gente a stereotipare le prime impressioni e basare su queste non solo la forma mentis, ma anche l'atteggiamento conseguente nei confronti di chi ci troviamo di fronte, è una battaglia contro i mulini a vento. Tutto ciò che si può imparare dall'esperienza è che non c'è mai un modo giusto, indolore, per esprimere la propria natura, senza dover poi affrontare le conseguenze che già il solo nostro modo di esprimerci causa nei meccanismi che le persone adottano per relazionarsi a noi.
Purtroppo con l'esperienza si impara anche che non c'è maniera di evitare questo fenomeno. In questi casi non fa alcuna differenza decidere di essere onesti e mostrare la nostra vera natura o mentire e dare un immagine falsa di noi, per come vorremmo apparire. Il giudizio preliminare che le persone si fanno è sempre diverso da quello che ci aspettiamo di fargli assumere, ed è anche sempre determinante per quello definitivo che poi si andrà a consolidare. Eppure sprechiamo la quasi totalità della nostra intera esistenza a cercare di implementare e raffinare i nostri mezzi comunicativi, dal linguaggio agli atteggiamenti. Assimiliamo una quantità spropositata di imput da un'altrettanto spropositata quantità di sorgenti che l'idea di poter dare un ordine globale al marasma di infinite convenzioni sociali, falsi stereotipi, interpretazioni e credenze, è non solo dannosa e utopica, ma anche la causa del guazzabuglio moderno che regola il mondo che ci siamo creati attorno, a partire da dentro di noi.
Questo da vita a quel processo autonomo nel nostro subconscio che ci auto-influenza intrappolando il nostro cervello in un atteggiamento analitico per categorie, che sembra d'altronde funzionare così bene nel mondo esterno. Ma la differenza dei modelli è abissale, e non si può pensare di applicare le stesse soluzioni a problemi di natura diversa, anche se di fatto lo si fà continuamente. E il risultato è che è assolutamente impensabile cercare di far arrivare un messaggio -per così dire- "interiore", a qualcuno così come noi vogliamo che sia recepito, perchè una volta uscito da noi, questo messaggio andrà in pasto ad un elaboratissimo calcolatore che è il cervello umano, e verrà distorto, piegato, ruotato, e riadattato a quello che è l'immaginario complessivo del destinatario. Un po come l'immagine di un paesaggio che entra attraverso gli occhi nell'immaginario di un pittore, che rielabora l'immagine con il filtro della sua esperienza, e lo riporta su tela in maniera differente da come il paesaggio realmente appare. Il quadro stesso, se visto da qualcun'altro che non ne sia il creatore, assumerà ancora un altro significato, e così via, per ogni essere umano su questo pianeta.
Parlando in questi termini semplicistici si potrebbe dire che sembrerebbe una perdita di tempo colossale anche il provare a comunicare, dato che comunque il risultato sarà più o meno influenzato da un certo grado di incomprensione, a seconda del livello di complicatezza del "filtro" della persona con cui vogliamo comunicare. Ma non è proprio così. In effetti, tanto per non smentirsi, è ancora più complicata. Nel senso che il motivo per cui non riusciamo a rinunciare a provare a comunicare ciò che sentiamo (e badate bene, ho scritto "sentiamo", non "pensiamo") dipende da tante variabili, TRA CUI anche la complicatezza del filtro del nostro interlocutore. Altri parametri che maggiormente influenzano il livello di incomprensione potrebbero essere dovuti a noi, risaputamente gli ostacoli più grossi per noi stessi. Ma nonostante tutto c'è questa forza invisibile che ci spinge a continuare a provare, a migliorare le nostre capacità comunicative, a capire la complessità dei modi di ragionare delle persone, in modo da cercare di far arrivare il messaggio il più chiaramente possibile, fino a che la differenza tra il nostro messaggio originale e quello effettivamente recepito non è abbastanza piccola da farci arrendere e ammettere che alla fine "ci si è capiti". Stessa forza che ci spinge anche ad ignorare i costi effettivi di queste abitudini, rendendo la nostra vita per quanto riguarda i rapporti interpersonali, sì un cieco spreco di energie, ma anche allo stesso tempo una (non sempre) divertentissima perdita di tempo. 
Ecco perchè allora, in questi tempi di crisi, ho deciso di limitare al massimo gli sprechi, e di non dire ciò che avrei voluto dirvi sin dall'inizio. 

venerdì 18 novembre 2011

Cose che vorresti aver detto alla tua ex.

Se c'è una cosa che veramente non riesco a mandar giù è l'antisimmetria.
Del mio letto.
Chiamatelo capriccio, fantasia, fissa, fissazione, mania, fisima, ossessione, tormento, invasamento demoniaco, possessione diabolica...ma non posso fare a meno di diventare una madre di panda che protegge il suo cucciolo, se vedo che il lenzuolo è più lungo su un lato del letto rispetto all'altro.
Non giudicate il fatto che in un letto sìffatto non riesca nemmeno a dormirci e che mi provochi incubi l'idea di avere le lenzuola asimmetriche ma non avere abbastanza forza di volontà di vincere la pigrizia di alzarmi e controllare. E non giudicate nemmeno il fatto che non posso far a meno di farlo notare a possessori di letti non miei aventi questa spiacevole ed inaccettabile caratteristica.

Ma si può sapere che c'hai che sei così nervoso?

Niente.

Niente..

Niente.

E allora perchè la tua gamba si muove a 400 battiti al minuto e stai strangolando il gatto?[1]

Oh, lo faccio sempre.

Ah. E perchè hai messo "Training autogeno per esperti, volume 3." nello stereo?

Perchè, non ti piace la suoave voce del maestro Shen Ghzwou Lien Esposito?

Si, ma perchè hai messo la sezione per calmare gli istinti omicidi?

Oh, pensa te, non ci avevo fatto caso.

E perchè ora strangoli il cane?[2]

Scusa, ma il gatto era morto..

Senti..sei sicuro di star bene?

Mai stato meglio.

Bene...

Fantastico.

....

......

No, senti...

E VA BENE, OK NON LO SOPPORTO PIU'. DEVO FARLO.

...

...

...

Bhe?

Bhe?

Hai ammazzato il gatto per sistemarmi il lenzuolo?

Te ne prendo un altro al gattile.

Tu hai bisogno di un dottore.

Io? E perchè mai?

Perchè sei pazzo!

Io? No, ti sbagli.

Certo, nessun pazzo ammetterebbe di esserlo.

E a quel punto mi ha fregato. A dire il vero mi ha sempre fregato così..hmmm. Comunque, purtroppo non serve essere pazzi per capire che questo trabbocchetto della logica popolare non dà scampo. Probabilmente scosso dall'incompreso gesto -perchè è di questo che si tratta: incomprensione (nel senso di mancanza di mezzi socio-psico-pedagogici per l'interpretazione degli eventi da noi considerati insoliti)- l'altro interlocutore, che considereremo a titolo di esempio un essere umano di sesso femminile di razza caucasica di estrazione sociale medio-borghese, con tutto ciò che ne consegue sulla sua forma mentis acquisita attraverso le esperienze di vita comuni a molti giovani come me e lei, si è già fatto l'idea che la mia frivola predilezione per la simmetria in ambito di organizzazione e logistica per le attività di riposo e pisolino, non siano altro che sintomi di una non meglio precisata turba psichica generalmente, e a mio avviso male interpretando il significato della parola, chiamata "pazzia".
Niente che tu possa dire o fare riuscirà a sradicare dal cervello della suddetta esemplaressa il seme dell'idea che tu sia pazzo, una volta che lo stereotipo condito di logica ha innaffiato quell'idea. Questo per un semplice motivo. E cioè che le credenze e i comportamenti popolari sono più influenzati dalle immagini che dai fatti dimostrabili. In questo mondo i pazzi sono ben isolati e numerati, sono riconoscibili agli occhi di tutti, perchè sebbene sia vero, come dice la frase in questione, che nessuno abbia davvero la percezione di cosa sia la pazzia -ed in fondo il punto è proprio questo- tutti hanno la credenza popolare, ed il conseguente comportamento, di pretendere di sapere cosa NON sia la pazzia, semplicemente perchè si è deciso che un non-pazzo, non sapendo cosa sia un pazzo, debba corrispondere ad una serie di caratteristiche decise a tavolino da chi, per quanto ne sappiamo poteva benissimo essere pazzo davvero. Ma nessuno si pone mai questa domanda, e accetta che se non sei pazzo ti comporti in una certa maniera, perchè il modello più o meno funziona e nessuno si prende la briga di ascoltare chi viene etichettato come pazzo. Se non sei pazzo non vedi spazi vettoriali dentro tazzine di caffè. Se non sei pazzo ti caghi addosso se ti trovi nel mezzo di una tempesta di fulmini, non rimani inebetito a guardarli in adorazione pensando ai campi magnetici che sprigionano e a cosa potresti fare con tutta quella energia. Se sei normale, se non sei pazzo, quando guardi le stelle pensi a quanto son romantiche, o ad altre stronzate del tipo quanto siamo piccoli, chi siamo, dove andiamo, da dove veniamo, o altre domande inutili, non vedi immense fornaci nucleari che bruciano alla velocità di centinaia di migliaia di km/h. Se sei considerato pazzo e proponi a un agenzia governativa il progetto di una navetta spaziale, ti ridono in faccia, non ti mettono a capo del loro programma missilistico. Se ti professi inventore, ma la gente ti considera pazzo, non prenderanno mai sul serio le tue invenzioni.
Non importa che sia esistita al mondo della gente che abbia polverizzato la logica al di sotto della frase "nessun pazzo ammetterebbe di essere pazzo", perchè la burocrazia delle credenze popolari è troppo fortemente radicata nel marasma delle nostre sinapsi che ha resistito agli impatti, e questi "pazzi" sono invece stati definiti "geni": pur di non accantonare il teorema perchè smentito dalla realtà delle cose si è preferito aggiungere dei corollari postumi giustificando i fallimenti della credenza come casi particolari del teorema. Un po come dire "Teorema: questa teoria funziona sempre, anche in alcuni casi in cui è un po diverso che chiameremo casi particolari. Corollario: in caso in cui la teoria fallisce, questo evento verrà definito un caso particolare."
Alla fin fine quindi è solo una questione di parole. Basta cambiarle ed è fatta.


Albert Einstein. Pazzo. Elabora la teoria della Relatività
e sconvolge la fisica rivoluzionandola.


Nikola Tesla. Pazzo. Il più grande Scenziato di tutti i tempi.


Thomas Edison. Pazzo. Inventore.


Werner Von Braun. Pazzo. Fondatore della NASA e ideatore
del programma Apollo che portò i primi uomini sulla Luna.


Gene Wilder. Sano di mente. Miglior interpretazione
dello scenziato pazzo della storia del cinema.


Io. Pazzo? I don't think so, baby.



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[1] Ci tengo a precisare che nessun gatto è stato maltrattato durante la stesura di questo post. Il fatto che trovi esilarante l'idea di uno che dal nervosismo strangola il gatto della fidanzata, e ho riso non poco, non significa che ciò sia accaduto o possa accadare realmente.
[2] Anche qui stessa considerazione fatta in [1]. Solamente che strozzare un cane fa meno ridere, quindi l'ho risparmiato.

domenica 18 settembre 2011

SHHHHWOOOOOOOONK! Parte 2.

Armstrong e Aldrin sono appena rientrati nel lato chiaro della luna. Come noto, quando ci si trova nel lato oscuro, la presenza della massa della luna tra il lato oscuro stesso e la terra impedisce ogni tipo di comunicazione radio. Durante l'escursione quindi gli astronauti si trovavano soli con loro stessi, incapaci a comunicare. Nel momento in cui riprendono le comunicazioni il radioamatore Impicciowsky era in ascolto:

Armstrong: Houston qui Eagle 1, passo
Addetto telecomunicazioni: Avanti Eagle 1, qui Houston in ascolto, com'è andata ragazzi? passo
Armstrong: Houston, non ci crederete mai, passo
Addetto telecomunicazioni: ..... passo?
Armstrong: Houston, posso parlare liberamente? passo
Addetto telecomunicazioni: Neil, c'è il presidente qui, vi sta ascoltando, passo
Armstrong: Presidente, lei non crederà mai a quello che è successo quassù, passo
Nixon: Ragazzi, sono il presidente Nixon, non tenetemi sulle spine
Addetto telecomunicazioni:presidente, deve dire passo quando ha finito
Nixon: ah, sì, passo
Armstrong: bhè, signore, io veramente non so come dirglielo..passo
Nixon: avanti, comandante, vuoti il sacco
Addetto telecomunicazioni: deve dire pa-
Nixon: uff! PASSO!
Armstrong: va bene le farò un riassunto: Una volta usciti dalla safe zone ed entrati nel lato oscuro, siamo arrivati nel punto stabilito per il contatto, quando abbiamo scoperto che in realtà tutto l'altipiano dove avevamo fotografato gli esseri era deserto. abbiamo camminato per quasi un terzo della nostra riserva d'aria senza trovare traccia. Abbiamo anche pensato di tornare indietro ad un certo punto, quando ecco che sentimmo quel rumore.
Nixon: Rumore? che rumore?
Addetto telecomunicazioni: Signore deve aspettare che dica pas-
Nixon: Giovanotto, se me lo ripete ancora una volta, le giuro che la farò sbattere a pulire il cesso del mio air force one, e sappia che il cuoco di bordo è indiano.
Addetto telecomunicazioni: scusi signore.
Nixon: avanti Armstrong, continui.
Armstrong: ......
Nixon: passo ARMSTRONG, PASSO!!!!
Armstrong: Dicevo, sentimmo questo rumore stridulo, vibrare dentro le nostre tute: "SHHHHWOOONK!". Ci siamo diretti verso la fonte delle vibrazioni e li vedemmo, dietro una grande formazione rocciosa concava. Tutti riuniti come in una grande struttura a forma di cerchi concentrici. Roteavano e roteavano e roteavano, in un ritmo ipnotico. Eravamo rapiti da quella danza quando notammo ad un certo punto un esserino un po' più grosso degli altri, su una roccia sopraelevata. Al suo comando tutti i provolini saltarono. Erano talmente tanti che l'impatto simultaneo di migliaia di provole sulla superficie lunare creò un onda d'urto che quasi ci fece sganciare dalla gravità. Devo la vita al capitano Aldrin che mi ha trattenuto per il cavo di sicurezza.
Fu in quel momento che fummo scoperti.
In pochi istanti fummo circondati senza possibilità di muoverci. Così il più grosso di loro, quello che stava sull'altura, si avvicinò e cominciò a dare quelle che suppongo fossero testate, ad un sasso vicino a lui. Non capivamo cosa stesse succedendo lì per lì, quando al capitano Aldrin venne l'idea di tradurre in codice morse i regolari "tac tac" provocati dalle testate del provolino.
Nixon: Ebbene? ha avuto successo? passo
Armstrong: Sì signore. Passo.
Nixon: Com'è possibile??
Armstrong: Informatori, signore. Li hanno dappertutto, cammuffati da sassi, sulla superficie del lato chiaro. Captano le nostre comunicazioni da anni, essendo rocce assorbono le onde radio. Ci hanno studiato per anni, e conoscono il morse, la paella, e i pink floyd. Inoltre captano la radiazione residua dei nostri satelliti televisivi. Hanno una discreta conoscenza di tutto il nostro gossip internazionale. Vanno matti per Fred Buscaglione.
Nixon: E chi diavolo è??
Armstrong: Un cantan-
Nixon: Vada avanti Armstrong!
Armstrong: Ebbene, signore, lei non ci crederà. Io e il capitano Aldrin siamo capitati in quello che a quanto pare è un loro rituale ricorrente.
Nixon: che scopo avrebbe? E' un pericolo per la sicurezza nazionale?
Armstrong: Dubito signore.
Nixon: Come può esserne così sicuro comandante?
Armstrong: Ehm...signore..perchè ho come l'impressione che...sì, insomma...
Nixon: Allora?????
Armstrong: Signore, abbiamo a che fare con una specie, diciamo, poco evoluta.
Nixon: Cosa intende comandante, sia chiaro.
Armstrong: Sono degli imbecilli, signore. Degli stupidi sassi imbecilli.
Nixon: Si giustifichi.
Armstrong: Bhe, si, sono molto in collera con noi, perchè ci ostiniamo a chiamarli "abitanti del lato oscuro della luna". Parola del grande Mingrone.
Nixon: Mi prende in giro, Armstrong? Controlli il livello di ossigeno, se è troppo alto è probabile che stia vaneggiando. E poi chi è questo grande Mingrone?
Armstrong: Il loro capo, signore. Si chiama così.
Nixon: Lei sta impazzendo armstrong, è in evidente stato confusionale.
Armstrong: Il livello di ossigeno è a posto, signore, nessuno scherzo.
Nixon: Ma com'è possibile? nemmeno sapevamo della loro esistenza, come potevamo chiamarli con un altro nome? tutto ciò non ha senso.
Armstrong: Dimentica che ci ascoltano da anni signore, tutti quei programmi notturni alla radio, hanno assimilato così tanta letteratura che si son convinti che quello sia il nostro mondo reale, dove nella nostra fantasia ricorrente di un lato oscuro della luna abitato, loro sono gli abitanti del lato oscuro.
Nixon: E dove sta il problema?
Armstrong: Non gli piace il nome.
Nixon: .......
Armstrong: Loro sono gli "asssslllllllllroooooooooooooooaaaavvvvvvvvvh". O almeno così il capitano Aldrin ha tradotto il loro nome.
Nixon: ......
Armstrong: Ci tengono, signore.
Nixon: ....
Armstrong: Molto.
Nixon: E quindi comandante?
Armstrong: Hanno il potere di controllare le maree, con quel loro rituale saltellante. Credono che se ci danno fastidio con le maree cambieremo il modo di chiamarli.
Nixon: Ma non ha senso...
Armstrong: Concordo, signore.
Nixon: Cosa facciamo comandante?
Armstrong: Bhe, signore, io e il capitano Aldrin avremo un idea.
Nixon: Sentiamola.
Armstrong: A noi servono le maree per l'ecosistema, questo è un dato di fatto. Il problema è che per crearle, loro fanno questo rituale, e per farlo hanno bisogno di nutrirsi di sassi lunari per alimentarsi. Ciò vuol dire che solo per farci un dispetto si mangeranno gran parte della luna, il chè avrebbe conseguenze catastrofiche per la terra.
Nixon: Questo l'avevo capito. Quindi che propone?
Armstrong: Papaye.
Nixon: P....Papaye?
Armstrong: Si, signore.
Nixon: E perchè le papaye?
Armstrong: Perchè hanno la stessa composizione chimica delle pietre lunari, con un aggiunta di ferrocarbonato e di campionato di calcio, comunemente reperibile nelle vernici da decoupage, potremo inviare tonnellate di papaye dipinte da sassi e paracadutargliele di nascosto quando dormono, e alimentarli facendogli credere di farci un dispetto, mentre in realtà ci stanno facendo un favore.
Nixon: Armstrong, lei è un genio.
Armstrong: Grazie signore.
Nixon: No, davvero. Lei è un eroe.
Armstrong: Troppo buono signore.
Nixon: Bene, Comandante. Ha reso un gran serv--

Qui le comunicazioni radio si interrompono, sfortunatamente il signor Impicciowsky cambia stazione radio per spiare le comunicazioni telefoniche della ex moglie, che a quanto pare se la faceva con un ex Cosacco di nome Panzershrek, e a lui questa cosa a quanto pare non andava giù. La gelosia talvolta è più forte del senso storico.

Nella terza ed ultima parte pubblicherò rivelazioni ancora più scottanti, tanto da poter temere per la mia incolumità.