Era una giornata come tutte le altre, un infinita attesa di sguardi fugaci strappati al tempo, timidi imbarazzi di un monotono aspettare.
Nell'amena dimora nemici e amici vengono crudelmente gettati assieme incapacitati all'attacco. E' un attesa inerme, priva di luce.
Ma un giovane amore impossibile resisteva ancora a quell'apatia, e questo bastava a riempire l'attesa ai suoi custodi..
Ma il destino non ha padroni, e loro sapevano che il loro idillio poteva finire da un momento all'altro.
E così fu, una fredda mattina d'ottobre. Un improvvisa luce e una mano dall'alto scossero quella sonnolenta atmosfera, risvegliando in un turbine di trombe e tamburi l'istinto della battaglia, quella antica anima ligia e devota con cui tutti loro erano stati forgiati: la guerra incombe.
Le armate fanno il loro ingresso nel campo di battaglia. Gli scudi e le lance e le spade risuonano in risposta alla chiamata del comandante. Tutti pronti a dar la vita.
E lei era li. Affianco al suo signore, ma coi pensieri rivolti altrove. Nulla poteva la rassicurante presenza delle possenti unità ai suoi comandi. Cavalleria pesante, potenti unità corazzate, nobili condottieri e alfieri con alabarda. Il suo pensiero andava alla prima linea. Non al suo Re, ma a un giovane fante della prima linea, splendente nella sua armatura e con una bianca livrea con lo stemma del suo re.
Il cuore le saltò un battito quando le trombe suonarono la carica. Alla prima linea era stato ordinato di avanzare. Sapeva che il suo amore era in grave pericolo, e l'ansia e l'attesa era respirabile. Quando si accorse che il battaglione dove era schierato il suo giovane fante era minacciato dalla cavalleria nemica, che intanto si era spostata con un movimento ad "elle" da dietro le prime linee, ordinò istintivamente alla sua cavalleria di sferrare un attacco in difesa delle truppe, mossa che fece andare su tutte le furie il RE. La battaglia era cominciata, e la lotta per la conquista del centro del campo di battaglia era furiosa e serrata. Vari reparti e battaglioni vennero mobilitati durante lo scontro per lanciarsi all'attacco, o ripiegare in difesa.
Il battaglione del giovane fante era inchiodato in una radura al centro, incapacitato ad andare avanti e tornare indietro, ma che coraggiosamente presidiava un angusto corridoio poco difeso, che avrebbe potuto permettere un attacco decisivo.
Il morale era basso, ma il giovane fante combatteva in testa a tutti, pensando alla sua regina, facendosi onore ai suoi occhi, nella cieca speranza di poterla rivedere. Ma la situazione era disperata, e le truppe del nero reame dilagavano. La cavalleria e gli alfieri della patria caddero uno dopo l'altro sotto gli incessanti colpi sferrati dalle truppe nemiche. Solo le unità corazzate e qualche battaglione di fanteria difendeva ancora il re e la regina, ormai arroccati a difesa, incapaci di reagire.
E' così che doveva andare? Morire da amanti in un campo di battaglia? No. Questo lui non l'avrebbe permesso.
E fu così che dal margine della battaglia, dalla prima linea, un fragore di urla del piccolo reggimento superstite si levò nell'aria : "PER lA REGINA" urlò il giovane fante, che in testa ai suoi compagni si lanciò in un attacco suicida contro la prima linea nemica.
Tale fu la carica e la passione degli uomini capeggiati dal giovane innamorato, che il panico invase le armate nemiche. Il passaggio era ora sgombro, i soldati stavano andando incontro alla morte, si stavano sacrificando per far guadagnare una possibilità per la vittoria.
La regina alla vista del gesto del giovane, disperata e in lacrime gli ordinò di fermarsi, me loro non lo fecero. Loro erano tenuti ad obbedire solo agli ordini del re.
Il re nemico era uscito allo scoperto, mandando la sua scorta personale a fermare il giovane soldato e il suo drappello di uomini ardimentosi. Li accerchiarono ed eseguirono l'esecuzione, non mostrando pietà a chi sicuramente non ne avrebbe mostrato a propria volta.
Ora la regina sapeva che l'aveva perso. Sapeva perchè lui l'aveva fatto. L'aveva fatto per tutti quelli ancora vivi, l'aveva fatto per il suo re, ma soprattutto l'aveva fatto per lei, perchè era un soldato, e un uomo d'onore, e per questo lei lo amava.
Non doveva permettere che la sua morte fosse stata vana. Il suo sacrificio mostrò la vanità del re nemico, che tronfio della sua dimostrazione di crudeltà si era ingenuamente condannato con le sue mani, scoprendo un letale punto debole.
Così alla testa delle sue unità corazzate si lanciò all'attacco, determinata, fredda, una regina dalle lacrime di ghiaccio.
In poco tempo raggiunse le linee nemiche inarrestata, penetrando scortata dai suoi uomini, infervorati dal gesto eroico dei compagni fino al cuore pulsante del nemico, sterminando chiunque le opponesse resistenza.
Il sole era quasi tramontato quando il vessillo nero fu ammainato..il re nemico si arrese alla regina guerriera.
Quella regina in lacrime, intrappolata in una prigione di regole che sì la portarono alla vittoria, ma a quale prezzo...
Ps: Lau, te l'avevo detto che faccio schifo...io ci ho provato.
PPs: Ringrazio Alberto per il titolo :P
1 commento:
invece mi hai quasi commossa, altro che faccio schifo!! E bravo gnà!!
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